
E’ morto all’ospedale di Gorizia il maestro di giornalismo Bruno Pizzul. nato a Cormons 87 anni fa (il compleanno lo avrebbe festeggiato sabato 8). I funerali saranno celebrati venerdì 6 alle 14.30 a Cormons. Pizzul è stato un’icona della televisione nazionale e il principale cine delle radiocronache sportive come la schiera di telecronisti mitici da Niccolò Carosio a Sandro Ciotti, da Nando Martellini ad Enrico Ameri e Alfredo Provenzali. Le loro voci ‘leggevano’ gli avvenimenti e li porgevano al pubblico, sopperendo magistralmente ai moderni mezzi tecnologici.
Da giovane aveva alternato gli studi all’attività sportiva, dedicandosi in particolare al calcio. Raccontava di un provino sostenuto nel 1958 con il Catania, allora in serie A, insieme ad un altro ragazzo friulano: “I dirigenti siciliani si trovarono davanti ad un bivio e sbagliarono strada. Scelsero me perché ero ‘fisicamente più prestante’. Ma l’altro si chiamava Tarcisio Burnich”.
La carriera calcistica – nel ruolo di centromediano – é però breve, interrotta da un infortunio. Maturità classica, laurea in giurisprudenza, quindi l’insegnamento di materie letterarie nelle scuole medie, fino all’assunzione in Rai del 1969, dopo aver partecipato al concorso nazionale per radio-telecronisti.
Sono i primi passi di una lunga storia professionale che lo porterà a raccontare con la sua voce inconfondibile le gesta della Nazionale in cinque Mondiali e quattro Europei tra il 1986 – quando succede a Martellini – ed il 2002. Era un’Italia che si sentiva grande e legittimamente sognava di conquistare un trofeo. Non sarebbe successo in quei 16 anni. Così Pizzul, pur descrivendone alcune delle pagine più importanti, non riuscì ad incrociare mai l’Italia campione.
L’8 aprile 1970 commentò la sua prima partita(Juventus-Bologna, spareggio di Coppa Italia disputatasi sul campo neutro di Como): iniziò a partire dal 16′ minuto perché … era arrivato in ritardo. La prima vittoria di una squadra italiana annunciata in diretta ai telespettatori in una finale di coppa europea fu, invece, quella del Milan in Coppa delle Coppe ai danni del Leeds Utd, a Salonicco il 16 maggio 1973.
Il 29 maggio 1985 era il commentatore della finale della Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Doveva essere un evento gioioso, si trovò a raccontare la strage dell’Heysel. “E’ stata la telecronaca che non avrei mai voluto fare – disse anni dopo – Non tanto per un discorso di difficoltà di comunicazione giornalistica, ma perché ho dovuto raccontare delle cose che non sono accettabili proprio a livello umano”.
Orgogliosamente tenente degli Alpini, colto, intelligente, disponibile con tutti, sempre pronto a aiutare i colleghi e partecipare a tutti gli eventi sportivi, è un’esempio per tutto il giornalismo italiano e in particolare del Friuli Venezia Giulia, dove, dopo il pensionamento dalla Rai, era ritornato ha abbracciare la sua terra natia. La profonda conoscenza culturale dello sport, la sua innata eleganza mitteleuropea, lo hanno fatto amare e rispettare da tutt’Italia. La sua scomparsa crea un vuoto incolmabile non solo nel Friuli Venezia Giulia sportivo, ma in tutti coloro i quali credono nei valori fondanti dell’umanità.
Mandi Bruno, che la terra ti sia lieve.