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NEVE D’ARGENTO: GENESI ED EVOLUZIONE DELL’INNEVAMENTO PROGRAMMATO

  • 9 min read

INIZIATIVA DEL PANATHLON CLUB ALTO FRIULI VOLTA AD OFFRIRE OPPORTUNITÀ AI GIOVANI CON NUOVE PROFESSIONALITÀ NELL’AMBITO DELLE ATTIVITÀ SPORTIVE

L’incontro (nato dall’idea del presidente del Club Alto Friuli, Franco Baritussio) organizzato dal Panathlon – organizzaziione internazionale il cui messaggio e spirito  è ben sintetizzato nel Premio Fair Play (etica comportamentale improntata al rispetto delle regole) – ha inteso trasmettere ai giovani tutti e agli sportivi in particolare le esperienze che evidenziano come lo sport, sia attivo che partecipativo, sia molte volte determinante nella crescita personale e professionale.

Tra i panathleti partecipanti oltre al Governatore dell’Area12 del Panatlhon, Mario Ulian, anche il Vice Governatore nonché Presidente del Panathlon Club Udine, Massimiliano Pittilino, la presidente del Panathlon Club Gorizia Michela Sanzin, il Presidente della FISI regionale,

Apertura con il saluto Presidente del Panathlon club Alto Friuli, Franco Baritussio, che dopo aver salutato le autorità e gli ospiti ed essersi complimentato con gli studenti dell’Istituto Bachmann per la loro presenza, ha presentato i tre relatori della serata e introdotto il tema ponendo alcuni quesiti:

– “quale volto avrebbero oggi le località in cui insistono i poli sciistici della nostra Regione senza l’innevamento programmato?”

– “Quanti di noi conoscono la sua tecnologia, come essa è nata, e come e quando è stata introdotta in Italia?”

– “Perché in altri Paesi dell’arco alpino il Turismo viene considerato “industria” ed i costi dell’energia elettrica per produrre la neve vengono lì abbattuti e da noi no?”

 – “Quale futuro si prospetta? Può migliorare la tecnologia dell’innevamento programmato affinché si possa far fronte al problema dei cambiamenti climatici?”

Ha poi dedicato un pensiero ha ricordato due figure non presenti all’incontro: l’arch Umberto Merlo, attualmente convalescente, e Luciano Lazzaro, già Direttore, nonché protagonista fra gli anni ’90 e 2000 della ristrutturazione del polo sciistico di Tarvisio, che ci ha lasciati qualche anno fa.

Dopo il saluto del Vice Sindaco di Tarvisio, Igino Cimenti, che ha portato il saluto della città ha preso la parola Giuseppe (Pino) Rosenwirth, Primo Direttore Promotur, (il cui intervento riportiamo per intero in quanto riassume il percorso che ci ha portato all’odierna, indispensabile, tecnologia con il tema “La favola della dell’innevamento e la prima esperienza in Italia Piancavallo 1975 (44 anni fa).

Elio Antoniacomi Direttore poli sciistici Forni di Sopra e Zoncolan, ha parlato delle caratteristiche dei due modelli (alta e bassa pressione), dell’evoluzione e dei numeri dei 6-7 Poli FVG. Un quadro ampio, ricco di dati tecnici ma anche di aspetti molto più umani e legati alle opportunità e stimoli che il lavro in un campo complesso e impegnativo come la montagna offre.

Alex Spaliviero, Direttore poli sciistici Tarvisio e Sella Nevea, ha fatto la fotografia degli impianti di Tarvisio e Sella Nevea, illustrato i progetti di potenziamento ed espansione. Dati dettagliati di estremo interesse sulla produzione oraria che le moderne tecnologie consentono di ottenere e che richiedono personale specializzato. Una descrizione delle concrete stimolanti opportunità di lavoro che offre ai giovani.

Chiusura del Governatore dell’Area 12 del Distretto Italia – Panathlon Club FVG , Mario Ulian che ha espresso l’apprezzamento per l’iniziativa e sottolineato l’importanza in sala dei tanti giovani del Bachmann, futuri protagonisti nello sport e nel sistema economico dello sport. Apprezzamento particolare ribadito allo spirito dell’incontro volto a trasmettere ai giovani tutti e agli sportivi in particolare le esperienze maturate dai relatori nel corso della loro vita professionale che ha evidenzia una volta di più i molteplici aspetti rappresentata dallo sport, sia attivo che partecipativo, nella vita anche professionale.

L’intervento di Pino Rosenwirth: “la storia dell’innevamento in Italia”.

Parte da una domanda: Avete mai chiamato artificiale l’irrigazione dei campi?

20190411 BertinMerloPerché artificiale l’innevamento? Perché ci vuole arte e tecnologia.

Riassumerò la mia storia professionale perché può essere di stimolo ai più giovani per invogliarli ad osare. Avere coraggio, essere sempre curiosi.

Parto da Camporosso (elementari), Tarvisio (medie) e Sci Cai Monte in Monte Lussari. Trieste (geometra) e divento atleta dello sci alpino XXX Ottobre (tre titoli regionali in slalom). Maestro di sci nel 1987 (aiuto), 1970 (definitivo nr. 1419), primo presidente dei maestri regionali.

Dal 1969 al 1987 (18 anni), contribuisco alla nascita e sviluppo di Piancavallo (da Malga a Coppa del Mondo). Dal 1987 al 1994 (7 anni) primo direttore della neonata Promotur oggi Promoturismo FVG.

Dal 1994 pensionato, svolgo attività imprenditoriale nel settore immobiliare a Tarvisio. L’occasione di scoprire il mondo del l’innevamento mi si presenta grazie al DSI, Associazione dei Direttori Stazioni Invernali, della quale ero vicepresidente nazionale. È la Primavera del 1975. L’allora Presidente DSI, capitano Lamberti (già direttore di Cervinia Sestriere) ci invita a Gressoney in Val d’Aosta per un incontro con un tecnico italo-canadese (il calabrese Tolledi), che ci avrebbe illustrato con informazioni tecniche e diapositive la novità, per noi (in America erano 20 anni che si usava) degli impianti di innevamento, “artificiale” perché era frutto di arte e tecnica, Niente di sintetico o contro natura ma tecnologia pura per aiutare la natura quando faceva e fa le bizze.  Tolledi ci racconta che negli anni cinquanta un italo-americano nello stato di New York, ad Est degli Stati Uniti, proprietario di frutteti, per proteggere dal gelo, usava irrorare a pioggia gli stessi. Pioggia che gelando creava una pellicola protettiva delle piante. Il caso, per una coincidenza di temperatura e umidità fece sì che la pioggerellina si trasformasse in neve. In quella regione degli USA il freddo c’era. Le temperature non sempre regolari stimolarono il Tropeano che sviluppò il primo impianto di innevamento su una collina. Da lì ed allora si svilupperà in tutte le montagne del mondo.

20190411 CostiNelle nostre stazioni, oltre alla carenza e variabilità di precipitazioni, comuni a tutte le stazioni invernali, esisteva per le piste anche il problema del mantenimento del manto nei tratti ripidi soggetti ad erosione ed in quelli più esposti alle radiazioni solari. Riporti di neve naturale, se c’era, e/o rappezzi di pannelli di neve di plastica (costosa ed anche antiestetica).

La possibile soluzione, in primis di questi problemi, stimolò la curiosità, anche se il primo approccio fu di generale scetticismo dei più. Spaventavano di costi di impianto e soprattutto i costi di gestione, che, per l’Italia che ha i costi energetici più cari al mondo, erano improponibili. Una “americanata” fu definita e si ringrazio rimandando il tutto al futuro.

Invece era solo una questione di tempo e di persone.

Un caso fortuito (capitano nella vita ma bisogna saperli cogliere), si presentò l’occasione di andare in Canada ad accompagnare un gruppo di friulani alla inaugurazione del Fogolar di Toronto vicino a London, sede della Alford Ing. Progettista degli impianti che ci aveva inviato il tecnico Toledo in Italia.  Detto Fatto coinvolsi il mio fratello di sci Bertin Merlo, architetto e maestro con me numero 1400, che aveva studiato da liceale negli Stati Uniti e vi era ritornato da maestro di sci nel 68/69, a Lake Placid. Contattai Tolledi che ci organizzò un tour i 6/7 stazioni, grandi e piccole, in Canada e negli Stati Uniti, con impianti collaudati ed in costruzione. 

Aerei, automobili americani, Motel, stradoni, bistecche e coca-cola, cappelli da cowboy stivali con la punta da Rodeo … abbiamo veramente, per due settimane, unito l’utile al dilettevole. Oltre agli impianti visto i primi pick-up che si arrampicavano sulle piste, le ricetrasmittenti Motorola, i primi accessori di derivazione agricola sulle piste, pannelli elettronici che regolano i flussi degli sciatori orientandoli ad evitare le code, eccetera eccetera.

Alla fine della vacanza, incontro a London con l’ingegnere Alford e richiesta di elaborarci un primo progetto per un impianto sperimentale su una sciovia di 500 metri a Piancavallo.

Usando il Telefax per i messaggi scritti (non c’era ancora il fax) e l’aereo per l’invio dei disegni arrivò la proposta. L’Amministratore Delegato di Ediltur, la società che aveva progettato dato il via Piancavallo nel 1966, Mario Sartori di Borgoricco, si fece convincere e diede l’OK. Si era alla fine dell’estate 1975. La vigilia di Natale si spara La prima neve in Italia. Primi in Italia, secondi in Europa dopo Fleine, in Francia. Per raccontare quale era l’atteggiamento a riguardo la parte delle maggiori autorità del settore in Italia racconto di questo significativo episodio.

Al Salone della Montagna di Torino, incontrato il Boss del Dolomiti Superski, signor Kostner, al mio racconto sulla iniziativa sperimentale in atto a Piancavallo, mi risponde con benevolenza: “Vedi Rosenwirth, capisco voi a Piancavallo (Venezia) ma noi a Corvara e Co. non potremmo mai fare una cosa del genere perché sarebbe come ammettere di non avere la neve”.

A voi ogni considerazione su quello che è successo dopo e che ha salvato la montagna, tutta, dal fallimento. Fortunatamente seguirono sindaci e imprenditori illuminati. Il secondo impianto, con la nostra collaborazione, fu quello di Ponte di Legno. Poi Bormio i mondiali e a cascata tutti gli altri.

Nelle immagini: la sala, la planimetria della prima pista innevata a Piancavallo, l’arch. Umberto Merlo e lo “storico” primo progetto del 1975.

 

 

 

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